Pagine

venerdì 5 ottobre 2012

Politica e lavoro

In ufficio si può parlare di tutto o ci sono argomenti tabù, che è meglio evitare per non creare conflitti o dissapori? 
Non credo ci sia una regola, ma mi hanno raccontato che ad alcuni nuovi entrati in azienda alcuni raccomandano di non toccare argomenti potenzialmente sensibili, e nello specifico relazioni sentimentali e politica.
Si, come no, fortuna che a me nessuno me l'ha detto... da gossippara un po' pettegola e militante e appassionata di politica, non so come avrei potuto rispettare queste consegne!
Iscritta alla Sinistra Giovanile da quando ho 14 anni, attualmente consigliera comunale e segretaria comunale del PD della mia città, da sempre volontaria alla Festa dell'Unità... come potrei non parlare di politica??? Soprattutto considerando che in ufficio ci passo, in media, una decina di ore al giorno e che ormai con i colleghi ci conosciamo e parliamo un po' di tutto, e quindi anche di politica.
E ora il clima si sta surriscaldando... scandali, elezioni in vista, primarie imminenti... la politica è sempre di più centrale nei nostri discorsi e ormai siamo tutti usciti allo scoperto... Nessun collega veramente di destra (siamo a Bologna, che diamine), c'è chi è più critico e quasi grillino, chi apprezza Vendola, chi è allineato con la posizione del PD, chi il PD va bene ma bisogna rottamare D'Alema, chi apprezza Renzi, chi vorrebbe mandare tutti a casa, chi si fida di Bersani, chi vota UDC e sostiene Renzi, chi è cresciuto qua in Emilia e rimpiange quando il Partitone era veramente radicato, chi si sente elettore di centrosinistra ma un po' critico...
Con tutte queste posizioni, come si fa a non parlare di politica? A non scaldarsi parlando di politica?
Oh ragassi la politica è così per me, o si glissa, non ne parliamo e facciamo finta di niente, ma se si entra in argomento come si fa a trattenersi??? E quindi ecco che a mensa nascono discussioni e dibattiti, si formano schieramenti e contrapposizioni, si commentano notizie e ci si scalda un po'.
E con le primarie che si avvicinano, questa scena si ripete sempre più spesso...
Parlare di politica è bello, no? Perchè dovrebbe essere considerato un argomento sensibile? A forza di discutere ed infuocarsi si rischia di litigare? Sarebbe meglio non esporsi così tanto con i colleghi?
Ma ormai, quando ci si conosce da tempo, quando si passano insieme così tante ore, quando ci si vede e ci si sente anche in orario extra-lavorativo, quando si organizzano cene, concerti ed aperitivi di gruppo.. perchè dovrei limitarmi in quello che dico? 
Certo.. ultimamente il confronto si sta instradando sempre di più nella dinamica io contro il renziano di destra, con siparietti sempre più accesi ed ormai prevedibili, con continue e simpatiche provocazioni da entrambe le parti... eppure non credo che questo possa rovinare i nostri rapporti professionali.. o no??
Cosa succederà fra qualche mese, quando mi presenterò in ufficio con volantini e santini per fare campagna elettorale anche fra i colleghi??
Sarebbe meglio essere più impersonali e freddi e parlare solo del tempo e di cose di ufficio? 
Uhm credo che questo non faccia per me... con tutti questi potenziali votanti alle primarie e poi alle elezioni, come potrei trattenermi dal fare propaganda???? 

martedì 28 agosto 2012

Prima o poi le ferie finiscono

Oggi 28 agosto inizio a pensare che le mie ferie siano sul serio agli sgoccioli. 
Tornata dal Salento ho infatti deciso che era troppo presto per arrendersi alla routine bolognese e mi sono spostata verso nord, per completare il "tour dell'Adriatico", litorale che in effetti quest'anno ho percorso da Trieste a Leuca.
Una piccola fuga per posticipare, soprattutto mentalmente, la fine di questa estate 2012, fuga che mi ha permesso prima di scoprire una Trieste un po' californiana (sole, mare, tuffi, un lido invaso di rasta, bonghi, cocktail in caraffe e altre amenità) ma comunque ventosa e poi di fare un po' la radical chic alla biennale di architettura di Venezia. Come ogni fuga, anche questa II tappa adriatica è finita. 
Ho ancora gli ultimi giorni di ferie davanti a me, ma la mia mente ormai si è arresa e sta pian piano rientrando nella modalità lavoro e vita quotidiana. Oltretutto, come capita sempre, pensando di avere davanti ben un mese di ferie, mi ritrovo ad essermi lasciata indietro un sacco di commissioni, impegni e pure compiti a casa (cioè un po' di cose di lavoro da finire prima del rientro in ufficio) che ho rimandato finora e su cui mi devo assolutamente concentrare. Ma in fondo è normale così, con i compiti delle vacanze ci si riduce sempre all'ultimo, non è una novità!
E quindi come dice la canzone "l'estate sta finendo e un anno se ne va" (e in effetti potrei anche citare il seguito..sto diventando grande, lo sai che non mi va)...


Al rientro dalle ferie troveremo l'ufficio come l'avevamo lasciato? In questi ultimi giorni di ferie il mio grande interrogativo è questo. Ovviamente non sono preoccupata di non ritrovare la mia scrivania e le mie carte (in realtà un po' si...e chi conosce la mia mania-ossessione per la cartoleria lo capirà!) ma di non ritrovare quello spirito e quell'intesa che si era creata con i colleghi in luglio. E mi chiedo se il clima così informale è piacevole delle ultime settimane fosse dovuto all'estate imminente e alla stanchezza e voglia di staccare di tutti o piuttosto ad una reale evoluzione dei rapporti.
In fondo ormai lavoro a stretto contatto con le stesse persone 40 ore a settimana (ehm no scherzavo, sono sicuramente di più..) da poco meno di un anno, e con tutte mi trovo molto bene, ci sta che si crei un bel gruppo anche extralavorativo, no?
Nel mese di luglio, per esempio, abbiamo organizzato un aperitivo con i miei colleghi "junior", una cena di area, un aperitivo+cena di gruppo di lavoro, oltretutto al mare, la serata aziendale, le partite degli europei viste insieme, qualche puntatina a vicolo bolognetti in cui incontravo sempre più colleghi che alla macchinetta del caffè in ufficio... Lo spirito sarà ancora quello? Era solo un fuoco fatuo? Lo stress del ritorno vanificherà questo bel clima?
Oltretutto settembre sarà un mese durissimo, in ufficio ce lo siamo detto un sacco di volte, e nelle ultime settimane pre-ferie era diventato un po' un mantra... cercavamo di tirare avanti e fare gli ultimi sforzi, pregustando il mese di stop e dicendoci che era fondamentale ricaricare per bene le pile in attesa di un rientro che si preannunciava molto impegnativo. 

E infine ora mi chiedo, tutte queste mie riflessioni su quello che mi aspetterà fra alcuni giorni, non saranno solo una scusa per posticipare ancora un po' compiti a casa e commissioni varie????  

giovedì 23 agosto 2012

Ricaricare il corpo o la mente?


Le ferie servono principalmente a riposarsi e a ricaricare le batterie per un nuovo ed intenso anno. Detta così siamo tutti d'accordo, ma cosa vuol dire per voi riposarsi? Di cosa avete bisogno per ricaricare le vostre batterie interiori? Le ferie sono un'occasione di svacco totale o un momento di iperattività? 
In altre parole in ferie ricaricate le batterie del corpo o della mente?
Le risposte a queste domande dipendono principalmente da due scuole di pensiero, da cui discendono due tipologie di ferie: quelle hotel-pensione completa-mare/montagna-lunghe dormite-svacco totale e quelle kilometri-strade macinate-città visitate-uscite-poche ore di sonno... la scelta dipende da voi e da cosa vi serve per staccare.
In fondo c'è chi si rilassa dormendo praticamente per terra, insieme agli insetti, svegliati dal caldo e dall'afa che si sviluppa sotto una tenda e cucinando in modo precario su un fornellino che impiega circa 45 minuti a far bollire un po' d'acqua per cuocere la pasta. Ebbene si, lo confesso, quest'anno mi sono rilassata in campeggio anche io - notare che ho scritto rilassata e non riposata!
1867 km percorsi in 10 giorni (secondo l'itinerario calcolato da google maps), 5 regioni attraversate (più una cena transfrontaliera nel Lazio), due montaggi di tenda ed una notte su un divano letto, tante spiagge visitate e decine e decine di tuffi, kili di taralli mangiati (non contiamo le bottiglie di Primitivo aperte e bevute), un unico cd ascoltato in macchina a ripetizione, tante nuove conoscenze, concerti, feste e taranta ad ogni sera, risvegli in una tenda trasformata in una serra ogni mattina, svariati assalti di formiche, scottature, arrossamenti e conseguenti spalmature di crema idratante, poche ore di sonno dormite... eppure siamo tornate a casa -quasi- fresche come due rose.
Abbiamo ricaricato le pile, staccato un po' dai casini di tutti i giorni e forse ora abbiamo la carica necessaria per affrontarne di nuovi. E come noi tantissime altre persone fanno vacanze un po' "scomode" o all'avventura, sacrificando comfort e comodità in favore di viaggi esotici o particolari, turismo o volontariato, rischiando però di affaticare il fisico.
Questa scelta dipende dalla nostra età? In fondo siamo giovani, il fisico dovrebbe reggere... concentriamoci sul divertimento finchè si può. 
Eppure non è sempre così. Conosco diciottenni che passano le proprie ferie e 100 km scarsi da casa propria in alberghi con pensione completa, senza mai cambiare spiaggia (e neanche ombrellone!) perchè giustamente vogliono solo riposarsi. E allo stesso modo conosco adulti che durante l'estate abbandonano tutto per dedicarsi a viaggi a piedi, in bicicletta, campi-avventura e carboni ardenti.
Quindi da cosa dipende questa scelta? Da cosa si fa durante l'anno normalmente? Dal proprio carattere e dalla propria indole? O dipende dalla compagnia con cui si va e dal budget di cui si dispone? o dipende tutto dal caso e non esiste nessuna teoria della serie "dimmi che ferie fai e ti dirò chi sei"?!?
Personalmente non so. Quest'anno è andata così, ma la mia grande pigrizia non mi impedirebbe di fare vacanze iper statiche e dedicate solo al sonno e al cibo. 
Forse in realtà la scelta migliore - ma non sempre possibile - è proprio quella di fare entrambi i tipi di vacanza. E allora si, so che alcuni mi odieranno, ma in realtà le mie ferie non sono ancora finite. Quindi farò proprio così... sono appena tornata dalle mie ferie rilassata e carica, ma con tantissimo sonno arretrato, e penso che userò quest'altra settimana in cui non lavoro come riposo per riprendermi dalle ferie... in fondo non sono più neanche così giovane, devo iniziare ad avere cura anche del mio fisico un po' acciaccato!

sabato 11 agosto 2012

C'è un medico in sala???

Estate, è caldo e fuori di casa si boccheggia e non si respira. Un'ottima occasione per fare un po' di ordine fra le proprie carte o, ancora più difficile, fra i propri file. E così aprendo vecchi documenti fatti qualche anno fa ho iniziato a riflettere su quanto il mio stile, il mio metodo, la mia impostazione sia cambiata da quando lavoro. E ho quindi iniziato a pensare a quanto dice di noi il nostro lavoro, a quanto ci descrive e ci condiziona nella vita anche extra-lavorativa.
Da quando lavoro ho cambiato stile, sarà che uso tanto il computer, ma dal mio pc è piuttosto evidente, da come archivio i miei file, fino alla formattazione che uso (e soprattutto dal fatto che formatto qualsiasi cosa, anche una lista della spesa!) Ma è così per tutte le professioni?
Certo per alcuni è praticamente obbligatorio comportarsi in ogni istante della propria vita come se si stesse lavorando, un medico sarà sempre un medico, anche quando è in ferie... e da qui la famosa frase dei film "c'è un medico in sala????". 
Ma per gli altri è sempre così? Chi è che non si cala così tanto nel proprio lavoro da farsene condizionare anche nella vita privata? Un elettricista non avrà sempre un occhio di riguardo per tutte le lampade di tutte le stanze in cui entra? Un motociclista non andrà in moto anche nel tempo libero? Un consulente che usa computer e excel dalla mattina alla sera, non userà questi strumenti anche per decidere cosa mettere in valigia? (si lo sto facendo davvero !!! )
E quindi sarà mica per questo che si dice che il lavoro nobilita l'uomo? Perchè ci definisce e ci dice in ogni momento chi siamo?

domenica 5 agosto 2012

Non rimandare a domani quello che potresti fare oggi

La saggezza popolare ce lo insegna, e ci spiega che bisogna essere formichine coscienziose e lavoratrici e non cicale allegrotte e poco lungimiranti: se c'è da lavorare c'è da farlo subito, senza posticipare che il domani non si sa cosa ci porti. 
Libera, la mia maestra di matematica delle elementari aveva un proverbio per ogni domanda e quando, un po' svogliati, chiedevamo di giocare, di saltare per un solo pomeriggio compiti e lezioni (le ragioni erano tutte le volte razionali e ragionevolissime per noi... è quasi Natale, è caldo, abbiamo lavorato troppo la mattina, siamo in pochi, siamo in anticipo sul programma, siamo più bravi di quelli di 2°A, ecc ecc) lei ci rispondeva, sempre, che non bisogna mai rimandare a domani quello che si può fare oggi. 
Un inno alla produttività, praticamente.
Dopo che questo primo tarlo era stato ben inculcato nella mia giovane e fresca testa di bambina, al liceo ho continuato a vivere secondo questa filosofia... Liceo Classico, sezione impegnativa, ambiente competitivo e stimolante... risultato: tanti pomeriggi passati a studiare e a fare versioni, secondo la logica del "mettersi avanti". Accumulare troppe interrogazioni e compiti era un attimo, l'unica salvezza era cercare di gestire tutto, come tante formichine a testa bassa.
Sarà per questo che sono tanto produttiva anche al lavoro? Questi miei "traumi infantili" mi spingono inesorabilmente a lavorare e lavorare e lavorare manco fossi una calvinista?
Eppure non c'è stakanovismo che tenga all'estate, al sole e al caldo (sarà perchè i miei trascorsi scolastici mi hanno allenata a lavorare solo fino a metà giugno?!?)..
E così l'ultimo mese di lavoro è stato un lento avvicinamento alle ferie, fatto di lamentazioni e sbuffi, di conti alla rovescia ed aperitivi aziendali di saluti, fino all'ultimo venerdì: saluti e baci e pc spento per il prossimo mese (più o meno).
In questa fretta di arrivare alle vacanze quanto è stato posticipato e rimandato a settembre? Al di là dei lavori operativi e concreti (GIURO ho finito tutto!!!!), quanti problemi non sono stati mentalmente affrontati, ma sono stati chiusi per un po' in un cassettino? La mia impressione è che un po' sia normale... abbiamo messo tutto in stand by e poi a settembre vedremo come uscirne, in fondo non siamo mica robot! 
Tutto giusto e tutto condivisibile, ma ora davanti a me ci sono 30 giorni di riposo e cazzeggio ed io inizio già a tremare all'idea della fine della ferie e di quello che mi aspetterà a settembre... in fondo l'altra cosa che la maestra Libera ci diceva sempre era che tutti i nodi vengono al pettine!

mercoledì 20 giugno 2012

Chi l'austronauta, chi il dottore

Cosa sognavate di diventare da piccoli? Qual era il mestiere dei vostri sogni? Il calciatore, la ballerina o il dottore? Chi di voi lo è diventato?? 
Ci sono alcuni sogni d'infanzia che hanno il sapore di una vocazione. Ci sono bambini che si vedono con il camice bianco e, magari un po' spinti dai genitori, pian piano costruiscono il loro percorso a misura di questo modello. Buoni voti a scuola, liceo classico perché senza il latino e il greco non si capiscono i termini medici, lezioni private per superare il test di ammissione a medicina, scuola di specializzazione ed infine camice bianco e stetoscopio. Quanti ne ho conosciuti! Quanta tenacia per riuscire a realizzare quel sogno! 
E poi ci sono quelli che si fanno trascinare dalla corrente, dalla moda del momento, dai compagni, dai film più in voga. Quale bambino non si è immaginato con i parastinchi dopo USA '94? Chi di voi non ha pensato, seriamente, di studiare paleontologia dopo aver visto Jurassic Park??? Chi non si è immaginata come hostess dopo il primo volo d'aereo?
Voi a quale categoria appartenete?? è più facile portare avanti con ostinazione un sogno d'infanzia, che magari giorno dopo giorno, si rivela essere diverso da quello che avevate immaginato, oppure andare avanti cambiando idea di continuo e cercando di capire a cosa si è destinati?
E se dopo una bella carriera da avvocato, in fondo in fondo, uno si sentisse ancora frustrato per non aver seguito la propria vocazione di attore? E se dopo aver studiato economia, uno si sentisse realizzato solo a fare il cameraman?
Al riguardo mi sento molto tranquilla. In fondo, magari dopo giri tortuosi e misteriosi, la propria strada, la propria vocazione verrà fuori. 
Chissà... io da bambina dicevo sempre che volevo fare la giornalista. Ora lavoro in una società di consulenza, ma da quando ho aperto questo blog... chissà magari la io bambina aveva ragione...! ;)

lunedì 21 maggio 2012

Work must go on

Oggi è lunedì e il lunedì si va a lavorare, magari un po' più svogliati del solito a causa del "contraccolpo da week end", ma ci si alza dal letto, si contano mentalmente i giorni che mancano al venerdì, ci si fa coraggio e dopo un caffè si torna in ufficio, pronti ad affrontare la settimana. 
Questo invece è stato uno strano lunedì, molto più del solito, dopo una settimana chiusa in casa per influenza, dopo le brutte e pazzesche notizie di sabato, dopo una sveglia improvvisa alle 4 di domenica notte a causa del terremoto. Il terremoto, si, quello che in Pianura Padana non fa paura perchè non è una zona molto sismica, quello che abbiamo visto tante volte in tv, quello a cui pensi subito quando senti i nomi L'Aquila o Irpinia. Improvvisamente anche qui in Emilia-Romagna, a pochissimi passi da casa mia. Alcune morti, danni, distruzione, monumenti in frantumi e tantissimi sfollati che in un istante hanno perso tutto, o tanto. Dopo un week end così, oltretutto seguito da un lunedì grigio e piovoso, come si fa a far finta di niente e ad andare a lavorare?  Il lavoro è bello, è importante e sempre di più mi rendo conto di quanto io sia un privilegiata ad averlo, rispetto ai disoccupati, rispetto a chi ha smesso di cercare, rispetto a chi oggi non c'è potuto andare perchè il suo ufficio era inagibile o distrutto. Lo so, e davanti a queste cose non si dice sempre che la vita va avanti? 
Certo. La vita va avanti, la tempra degli emiliano romagnoli (e anche degli abruzzesi, al contrario di quello che dice Sgarbi) è forte, generosa e resistente. Non ho dubbi che pian piano si tornerà alla normalità, che le case e i campanili saranno ricostruiti, che le persone supereranno questo dramma e riprenderanno con la loro vita. Ma in questi momenti è giusto fermarsi? In questi momenti è giusto fermarsi non solo a riflettere, ma soprattutto per mettersi a disposizione e dare una mano dove c'è bisogno. Me lo chiedevo mentre ero oggi in ufficio, seduta comodamente alla mia scrivania, concentrata ad affrontare fantomatiche emergenze di progetto, che in confronto alle vere emergenze non sono davvero niente. è morale fare finta di niente ed andare a lavorare in una settimana così? Certo non potremmo fermare tutte le imprese del mondo dopo ogni sciagura, ma in questo caso sto parlando di una tragedia che è avvenuta a pochi kilometri da qui. E non parlo di fermarsi per riflettere, o per chiudersi in casa pensando a quanto male c'è al mondo, sto parlando di non andare in ufficio, ma di mettersi una tuta da lavoro ed andare ad aiutare, facendo qualsiasi cosa di cui ci sia bisogno.
Solidarietà non è questo? Noi emiliano romagnoli non siamo sempre orgogliosi del nostro modello di società, della nostra coesione sociale, della nostra capacità di pensare agli altri? E quindi? Domani si lavora come niente fosse o si va nella bassa per mettersi a disposizione?? Lo so, non dipende -solo- da me, solo da noi, perchè lavorare significa avere vincoli, impegni, responsabilità da rispettare, ma forse prima di entrare in ufficio dovremmo pensarci un po' di più a cosa sarebbe giusto fare, a quali sono le vere emergenze, alle scadenze davvero improrogabili... e poi se pensate che dare una mano sia importante ma che non si possa rimandare il lavoro, ci sono sempre i week end.

giovedì 12 aprile 2012

Le donne, il fuorigioco e altri "mestieri proibiti"

Oggi parlo di calcio, di fuorigioco e di questo terribile luogo comune secondo il quale le donne non sarebbero in grado di capire questa basilare regola di gioco. Ma questo blog non doveva parlare di giovani e lavoro?? E invece da giovane donna mi faccio prendere sempre di più dal tema delle discriminazioni e dalla mancanza di parità, e inizio a credere che le disuguaglianze di genere passino anche dagli stereotipi, e quindi anche dal calcio. Sarà che oggi è giovedì sera e c'è il posticipo di Serie A, sarà che siamo in Italia e il calcio, si sa, conta parecchio, sarà che sono sempre più convinta che le discriminazioni verso le donne potranno essere sconfitte solo da un radicale cambiamento culturale, non so il motivo, ma io stasera scriverò di calcio!
Provate a digitare su google le parole donne e fuorigioco, i primi risultati (forse tutti, io ho smesso di guardarli ad un certo punto!) riguardano la presunta incapacità delle donne di capire il fuorigioco, con tutta una serie di gruppi facebook, presunte petizioni, video di improbabili lezioni. Ma perchè?? Uomini, un appello, le donne possono capire il fuorigioco, ve lo assicuro! Forse non tutte sono interessate al calcio, forse molte non si applicano, forse alcune fanno pure finta di non capirlo pur di solleticare il vostro ego, ma pensateci, perchè una donna dovrebbe non capire un concetto così poco complesso? Dovrebbe essere una questione ormonale? genetica? biologica?
Tante limitazioni alle donne sono cadute nel corso del '900, l'impossibilità di votare, di studiare, di essere autonome economicamente, di emanciparsi, di divorziare, tanti mestieri proibiti si sono pian piano aperti anche al gentil sesso, eppure gli stadi sembrano ancora conservare segreti per solo uomini. Ma per favore!
Nel 2012 ancora pensiamo che ci siano settori, lavori, mansioni o competenze più tipicamente maschili? Ormai abbiamo soldatesse ed architette, geometre ed avocatesse, operaie ed astronaute (e si anche arbitre e guardalinee!) - ed allo stesso tempo abbiamo anche infermieri, maestri d'asilo, assistenti sociali, dadi, educatori, parrucchieri e ballerini-.
Eppure gli stereotipi sono ancora tanti e soprattutto duri a morire. Ed al di là delle gag, delle barzellette e degli aneddoti simpatici, credo che gli stereotipi siano anche molto dannosi, da quello dell'italiano con il mandolino e la pizza (o peggio, con la lupara sottomano) fino a quello delle donne che non capiscono niente di calcio (o che non sanno guidare). Gli stereotipi sono infatti l'espressione delle credenze e della mentalità dominante di una società ed influenzano pesantemente chi nasce e cresce in quel contesto. Perchè una bambina media dovrebbe interessarsi al calcio se tutto il mondo le dice che tanto non capirà il fuorigioco?? Ma soprattutto, perchè una bambina dovrebbe potersi sentire libera di sognare di diventare vigile del fuoco o assessore o sindaco o presidente della Repubblica, quando neanche la lingua italiana prevede il femminile per queste parole? Vorrà pur dire qualcosa. Maestra si dice, assessora no (o perlomeno forse si inizia a dire...e c'è anche chi ha imposto con una delibera l'utilizzo dei femminili per i termini sindaco, assessore, presidente...). E quindi iniziamo tutti a pensare a cosa trasmettiamo con questi inutili stereotipi, ed iniziamo a uscire da questi schemi!

E intanto vi informo che ho iniziato ad andare allo stadio da bambina, ho avuto l'abbonamento in curva più di un anno, conosco ragazze che giocano a calcio e a calcetto, e mentre scrivevo questo post guardavo il Bologna vincere una partita ed ho pure individuato diversi fuorigioco!

martedì 3 aprile 2012

Workaholism e altri malanni

Workaholism è la sindrome da dipendenza dal lavoro, ovvero il comportamento patologico, un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo,  di una persona troppo dedita al lavoro e che pone in secondo piano la sua vita sociale e familiare sino a causare danni a se stessa, al coniuge, ai figli. 
Ogni tanto voi vi sentite così stakanovisti da sfociare nell'ossessione, nella malattia? Riuscite sempre a dare il giusto ordine di priorità a scadenze e impegni, nella vita lavorativa ma non solo? Quante volte avete rinunciato ad una serata piacevole per lavoro? Quante volte un'emergenza sul lavoro vi ha guastato un programma che pregustavate già da tempo??? (che poi, parliamone... quali sono le emergenze sul lavoro?una mia collega romana e romanesca diceva sempre.. emergenze, non siamo mica medici!)
Ogni tanto capita, così come ultimamente mi sta capitando di fare tardi in ufficio, di slavoricchiare di sera, di accendere il pc aziendale nel week end... il lavoro mi piace, mi sento responsabilizzata, e così un po' di extra time vien da sè! Mi sembra normale essere sempre a disposizione, far tardi la sera, mostrarmi sempre disponibile, come se fosse scontato che io debba lavorare anche da casa o in ferie... Tanto che ultimamente sono stata accusata di "essermi venduta al capitalismo...". Va bè, a parte le gag e le esagerazioni, ho iniziato a riflettere..
Perchè si finisce ad essere ossessionati dal lavoro? Perchè ci si riduce a mettere il lavoro prima di tutto? 
Per soldi (...lì c'è poco da riflettere -almeno per me, visto che non mi pagano gli straordinari!), per fare carriera, per senso del dovere, perchè non si sa dire di no? A volte è per materialismo, altre volte è per dimostrare le proprie capacità, o semplicemente perchè si prova piacere a fare il proprio lavoro.
Io non sono certamente un caso patologico, ma, ogni tanto, inizio a sentire quella soddisfazione interiore per il lavoro che sto facendo, che mi spinge a fare di più.. bello, una bella sensazione,un privilegio, anche se non vorrei farmi prendere dall'entusiasmo fino a finire dritta dritta nella dipendenza del 2000!
L'antidoto a questa dipendenza? Continuare ad essere attivi, avere milioni di impegni, far parte di ognii associazione vi si presenti di fronte, fare volontariato, partecipare ad assemblee, cineforum, incontri di lettura.
Lavorare tanto va bene. Mi sento disponibile e flessibile (almeno in questa fase della mia vita), fare tardi in ufficio quando proprio è necessario non mi spaventa, ma la cosa che temo di più è che la mia vita si trasformi solo ed esclusivamente nel mio lavoro.
No, questo non mi capiterà, c'è tutto un mondo ... fuori dal mio open space.

domenica 11 marzo 2012

L'angelo del focolare

Passato l'8 marzo anche quest'anno, rimangono come al solito un po' di buoni propositi, una marea di dati che ci spiegano quanto ancora dobbiamo fare per la parità uomo-donna e un po' di rivendicazioni femminili in più. Al di là delle frasi fatte, degli auguri e delle mimose (che comunque, dai, fa piacere ricevere) cosa rimane dello spirito dell'8 marzo nella vita di tutti i giorni? Quei principi di uguaglianza e di pari opportunità che a tanti di noi sembrano così scontati ed ormai affermati, sono davvero patrimonio comune di tutti in Italia? La strada verso la parità fra uomini e donne, in tutti i settori, è una strada tracciata e lineare, con una rotta definita verso cui ci stiamo dirigendo, o è una meta difficile da raggiungere e ancora lontana?
Sono rimasta sconvolta nel leggere un articolo delirante su internet, su un sito che non linkerò, perchè proprio non voglio fargli pubblicità, in cui si spiegava come la vera vocazione delle donne sia la casa e la famiglia, e che la pretesa che le donne lavorino ha solo contribuito alla distruzione delle famiglie e all'aumento dei divorzi...
No. non sto scherzando. 
Era un articolo serio e recente, e nei pezzi più pazzeschi recitava testualmente così...

Da vero comunista con la fissa del lavoro, ha auspicato che il sistema Italia ampli l’estensione degli asili nidi e dei servizi all’infanzia affinché le donne siano più libere di lavorare. Invece di prendere atto che l’entrata della donna nel mondo del lavoro ha snaturato e destrutturato la famiglia italiana, Napolitano ha gettato le basi per un’ulteriore escalation di crisi famigliari. Al contrario delle donne che hanno festeggiato senza cognizione di causa (leggasi anche senza sapere quel che fanno), l’unico ad avere colto la valenza ideologica della festa della donna, è stato il presidente Napolitano. L’adoratore del Totem lavoro dovrebbe ricordarsi che sin dagli albori dell'umanità le donne hanno da sempre svolto ruoli che ruotavano prevalentemente all'interno delle mura domestiche. I risultati erano entusiasti: stabilità famigliare, figli rettamente allevati ed educati, aborti e divorzi zero. Poi arrivò il sessantotto e la festa della donna. Anarchici, rivoluzionari, figli dei fiori, libertini, comunisti, pagani, abortisti, divorzisti e femministe, insinuarono che la donna poteva realizzarsi maggiormente uscendo di casa. Gli effetti furono catastrofici: instabilità famigliare, figli allo sbando, aborti, divorzi e corna decuplicati. Fatti che nessuno può negare! Il governo Monti invece di perdere tempo a parlare di pari opportunità, di diritti delle donne, di quote rosa e baggianate analoghe, dovrebbe piuttosto impegnarsi a varare politiche famigliari che permettano alla donna di fare la madre e la moglie (una femmina stanca e stressata non è in grado di fare le fusa al marito) a tempo pieno senza costringerla ad uscire di casa. Le donne che scimmiottano i maschi nella carriera professionale o politica, non solo tradiscono il dono della femminilità, ma contribuiscono in maniera determinante all’impoverimento e alla denatalità del paese Italia. Meno festeggiamenti e mimose, e più figli! Le vere donne, mogli e madri, sono questo!

Ah Ah Ah. 
No. non è un pezzo satirico. 
A quanto pare c'è ancora una parte del mondo che ci vede come gli angeli del focolare, come tante moderne cenerentole chiamate a fare i lavori domestici, a rendere la casa un nido felice, a partorire figli a tutto spiano ed occuparci della loro educazione. E guai a mettere il naso fuori di casa! Ecco a cosa dovrebbe pensare il governo, a trovare un modo per impedire alle donne di uscire di casa, e magari anche di leggere i giornali o navigare su internet, non si sa mai che si facciano delle ambizioni personali o lavorative! In fondo è la biologia, la religione e la storia che lo dicono, no? 
Ragazze, a parte lo sdegno e l'incazzo per simili, queste si, baggianate, il problema è serio!
Quanti uomini, quanti ragazzi, quanti amici, fratelli o fidanzati, magari non con questi toni da talebano, pensano almeno un pochino queste cose? Tanti anni di femminismo, di giuste rivendicazioni, di manifestazioni e di proteste, hanno cambiato la società, gli uomini e anche noi donne?
Tutte sappiamo quanto sia difficile conciliare il lavoro e la carriera con la famiglia, tanti studi quantificano le ore di lavoro che le donne si sobbarcano rispetto agli uomini in lavori casa e lavori di cura, eppure la situazione non è poi così cambiata, almeno in Italia.
Quanti sono gli uomini che trovano normale cucinare, lavare, pulire o portare i bambini all'asilo? Quanti sono gli uomini che non danno per scontato che sia la propria compagna a lavare i piatti? Com'è possibile che dopo una qualsiasi cena, sono sempre le donne a scattare sull'attenti per iniziare a sparecchiare?
Colpa della cultura, colpa della società, colpa dell'abitudine e dell'educazione, si dice. 
Quindi le generazioni di donne che hanno lottato prima per il voto, poi per le leggi su aborto e divorzio, quelle che in piazza gridavano "il corpo è mio e me lo gestisco io", nelle loro case non sono state capaci di crescere i propri figli maschi con questi insegnamenti? 
Che speranza abbiamo allora, se a cuore di mamma non si comanda? 
Com'è possibile raggiungere la parità sul mondo del lavoro finchè non si raggiungerà anche la parità in casa, finchè non si condivideranno le responsabilità domestiche? E quale legge può farlo? Possiamo chiedere al governo di obbligare per decreto gli uomini a fare le lavatrici e a stirare? 
E se partissimo dalla scuola e dall'educazione per cambiare una volta per tutte la cultura e la società italiana? Ecco. La scuola è sempre la risposta. Però, per un tema così difficile da affrontare, ci vuole una riforma radicale...

Io ho un'idea...se reintroducessimo le materie di aggiustaggio e di educazione domestica, cambierebbe qualcosa? 
No, ma che avete capito, intendo aggiustaggio per le bambine ed educazione domestica per i i bambini! 
Forse così riusciremmo a rimescolare un po' le carte e ad eliminare le differenze di genere!
E quando sentirò una mamma rispondere al proprio figlio "Tesoro, non piangere, certo che puoi fare il vigile del fuoco come tua sorella. Non è vero che è un mestiere solo da femmina", allora avremo davvero eliminato gli stereotipi di questa società!!!



domenica 26 febbraio 2012

Feedback o non feedback

Uno dei grandi temi ricorrenti che sento spesso al lavoro, e che inizialmente pensavo facessero un po' parte del gergo consulenziale è quello delll'importanza dei feedback. 
In tutte le discussioni si sente sempre ripetere "vorrei un feedback", "ho bisogno di un feedback" "è importante avere feedback", "mi ha dato/non mi ha dato feedback"...
Onestamente pensavo fosse un po' un modo per darsi un tono, tutto questo parlare di feedback. Un po' come quando diciamo project management, o asap, o fyi o sal ecc ecc ecc... 
Eppure, in questo caso, l'esperienza mi sta insegnando quanto sia davvero importante ricevere feedback, soprattutto sul lavoro. 
Vi avevo raccontato dell'ansia da valutazione di fronte alla mia prima "pagella lavorativa", ansia che si è però trasformata in una grande soddisfazione nel vedere i miei voti per questi primi mesi di lavoro del 2011. Ed al di là della soddisfazione e della felicità di ricevere il mio primo -piccolo- aumento grazie alla mia valutazione positiva, mi sono resa conto di quanto sia importante avere dei momenti in cui ci si guarda in faccia e ci si dice cosa si fa bene o dove si può migliorare. 
Certo, non sarà sempre tutto rosa e fiori. Forse ora sono così entusiasta perchè il mio feedback è stato positivo, se avessi sentito cose spiacevoli e soprattutto se avessi sentito giudizi secondo me immeritati o non condivisibili, come l'avrei presa? Quando si inizierà a parlare di aumenti -seri- o di promozioni, quando capiterà che il collega venga promosso prima di te, nonostante secondo te non lo meriti, quando ci saranno dissapori con chi ti fa la valutazione, anche allora penserò che ricevere dei feedback sia così importante?
Non lo so. Vedremo. 
Per ora penso che sia un'abitudine positiva e che può portare miglioramenti e crescita, soprattutto per chi ha da poco iniziato a lavorare, e, al contrario, ho già provato la frustrazione di non ricevere nessun feedback per alcuni lavori consegnati. 
Capita di finire un lavoro, magari di fretta perchè urgente, di metterci impegno ed idee, di fare tardi per perfezionare tutto, e poi di consegnarlo con soddisfazione, iniziando ad aspettare il momento in cui ti diranno "tutto ok, bel lavoro giulia!" oppure "così non va, devi fare correzioni"... Però a volte questo momento non arriva mai. 
A volte si sta in ufficio fino a tardi per avere un segnale, per ricevere eventuali correzioni da fare e per poterle fare subito, e poi non arriva nessuna comunicazione. Si sta lì in attesa e a parte la scocciatura, a parte lo stress, la cosa peggiore è che non saprò mai se quell'idea mia, quella frase che ho aggiunto al documento, quel grafico che ho fatto anche se il capo non me l'aveva chiesto sono stati apprezzati o se era tutto una cavolata. 
E allora si, anche io sto iniziando a dire "ah, quanto è importante avere i feedback!".
Sto forse diventando una vera consulente????

domenica 5 febbraio 2012

The Day After Tomorrow - La Bufera di Neve e il lavoro

In inverno ogni tanto arriva la neve. A Bologna di solito non ne arriva tanta, qualche centimetro, una spolveratina di bianco sulle strade, e tutto continua come sempre. Ogni tanto la neve arriva proprio durante le vacanze di Natale e tutti ci sentiamo molto presi dall'atmosfera, dal panorama da cartolina, dall'atmosfera da film Disney, dal bianco Natal. 
Ogni tanto invece, anche a Bologna, arriva la neve in febbraio, quando ormai ci sembrava di essere quasi al limite dell'inverno, quasi arrivati alla primavera, e cade per tre giorni di fila, e scende e scende e scende fino a depositare almeno 40 centimetri di manto bianco su strade, giardini, macchine... 
E quando arriva tutta questa neve, com'è possibile che la nostra vita non cambi per niente? 
Febbraio 2012 sarà ricordato come l'anno della grande nevicata. A Bologna ma anche su tutto il resto della Regione ed un po' in tutta Italia. E così fra le classiche polemiche su spalaneve che non spalano e spargisale che non spargono abbastanza sale, fra un servizio al tg sulla "morsa di freddo che stringe l'Italia" e la pessima figura fatta dal sindaco di Roma anche in quest'occasione, si riflette un po' sui propri ritmi di vita.
Quando ci si sveglia la mattina con la neve che scende e che non accenna a fermarsi e già 10 cm su tutte le strade, le opzioni sono due. O si va in strada armati di pala e catene e si inizia a spalare, cercando di far uscire la macchina dal cortile per precipitarsi al lavoro, o la si prende con più tranquillità (per chi può), e si ascoltano i prudenti consigli che invitano a stare a casa.
Io fortunatamente ho fatto parte, almeno per questa nevicata, al secondo caso. Con un lavoro che si fa essenzialmente al computer, non è stato un dramma lavorare per due giorni da casa, anzi. Anche se so benissimo che non per tutti è così facile. So benissimo che alcuni non possono assentarsi facilmente dal lavoro, e soprattutto so benissimo che per alcuni lavorare con la neve è ancora più difficile e pericoloso. E quindi capisco polemiche, lamentele e arrabbiature varie, soprattutto per chi è costretto a muoversi e si ritrova con una città bloccata ed in tilt. 
Si lo capisco, ma in realtà tutte queste pretese hanno davvero senso? Possibile che l'uomo abbia sempre la presunzione di controllare e gestire ogni evento naturale e di piegarlo al proprio controllo? Quando la neve è così abbondante è possibile che non ci siano disagi? Con mezzo metro di neve è possibile che tutto continui come prima???
Certo ci sono paesi che convivono con queste nevicate per alcuni mesi tutti gli anni, e in questi paesi, immagino che le persone non vadano in letargo, ma che continuino con la loro vita di sempre. Ma forse, per una volta, è nomale così, non è un fatto di inefficienza italica. In fondo se una nevicata così viene ogni 25 anni, è normale che i Comuni italiani non siano attrezzati. Altrimenti rischieremmo di cadere nel paradosso per cui vogliamo spazzaneve in abbondanza anche a Palermo, perchè in fondo non si sa mai..una nevicata forte potrebbe arrivare anche in Sicilia prima o poi!
E allora se vivessimo la neve come un'occasione per rallentare i ritmi, per prenderla con calma, per godersi un piccolo letargo, per far decidere gli orari e le priorità alla natura e non allo stress? Dai diciamolo, chi non ama la neve? Chi non si sente un po' bambino quando vede le nostre bellissime città imbiancate? Chi non si fa prendere dalla voglia di fare pupazzi di neve o battaglie di palle di neve?
In fondo, se succedesse davvero solo una volta ogni 25 anni non sarebbe così male, no?

martedì 10 gennaio 2012

Le mie cose

Ebbene si, questo è (o dovrebbe essere) un blog sul lavoro, eppure sto proprio parlando di quelle cose lì, comunemente dette anche ciclo, flusso, marchese, menorrea, mar rosso, i miei giorni, indisposizione, allarme rosso, semaforo rosso ... (fate una breve ricerca su internet e guardate quanti nomignoli sono usati pur di non pronunciare la parola con la M! l'espressione più strana e creativa??!? "sto ridipingendo la sala giochi..."!)
E tutto ciò c'entra qualcosa con il lavoro? Bè un pochino c'entra, almeno con le lavoratrici!
Non ci avevo mai riflettuto molto, ma oggi, seduta alla mia scrivania in ufficio, con un forte mal di pancia, molto scazzata, molto fiacca e debole, con poca energia e con i crampi, mi sono resa conto che la mia produttività e la mia concentrazione erano ai minimi storici ed ho iniziato a rifletterci su.
è possibile per le donne lavoratrici essere efficienti come gli uomini, se devono preoccuparsi, oltre a famiglia, bambini, anziani, lavori di casa, spesa, anche di non farsi condizionare da ciclo e ormoni?
Non so se l'argomento "ciclo & lavoro" sia stato indagato e studiato. La mia impressione è che, anche in questo caso, ci si sia affidati solo agli stereotipi, che come al solito finiscono per danneggiare le donne nell'ambiente di lavoro. E così è tutto un fiorire di storielle sulla (presunta?) lunaticità delle donne o sulla loro emotività, soprattutto in quei giorni. Tuttalpiù, almeno così si vede nei film, pare che possano essere utilizzate come simpatico espediente, visto che sembrano essere la scusa ideale, la giustificazione perfetta con qualsiasi capo (sempre uomo) per cui l'argomento M. è un po' un tabù e che quindi non oserà dire nulla.
Al di là degli stereotipi e al di là degli sketch, forse, per garantire una vera parità sul mondo del lavoro bisognerebbe tener conto di questi "giorni della luna"... Forse oltre ai permessi di maternità e di allattamento, dovremmo avere anche permessi speciali per quei giorni in cui le fitte alla pancia sono continue.. 
Personalmente non chiedo così tanto, per ora mi accontento di una bustina di moment, ma mi piacerebbe molto avere, di fianco alla macchinetta del caffè un divano, con un plaid, una teiera calda sempre piena ed uno scaldotto per quando non ce la faccio proprio più.
Dopo i nidi aziendali potrebbe essere questa la nuova frontiera delle pari opportunità?!?
O rischieremmo solo di non essere prese sul serio dai nostri colleghi maschi? 

lunedì 2 gennaio 2012

Un anno di ...

Come sempre, uno dei primi giorni del nuovo anno è dedicato alla pulizia delle cose vecchie, alla sistemazione della nuova agenda e a tutte le operazioni che ne conseguono. Potrebbe sembrare un'attività molto operativa, ma in realtà diventa quasi un momento di filosofica riflessione sulla vita, sul tempo che passa e sui buoni propositi per il nuovo anno. Seguendo un po' l'onda dei tanti pensieri e dei tanti desideri che si esprimono il 31 dicembre, e che oggi, 2 gennaio, sono già stati un po' disattesi, anche il cambio di una semplice agenda può diventare l'occasione per fare un bilancio del passato e per riflettere sul futuro.
E così, ripercorrendo all'indietro la mia agenda 2011, alla ricerca di note importanti o di appunti da trascrivermi anche per il 2012, ripasso tutto il mio anno in dieci minuti, rivedendomi ogni festa, ogni compleanno, ogni laurea di ogni amico, ogni colloquio, ogni week end di vacanza, ma anche le tante ansie e paranoie che ai tempi mi sembravano così difficili da superare, e che oggi sono solo un pallido ricordo. 
Mi sembra di ricordare ogni lettera motivazionale imbucata con tante speranze, ogni cv compilato, ogni application che ho fatto e a cui non ho mai ricevuto risposta, e poi tutte le telefonate per fissare un colloquio: dalla prima, nevicava ed ero terrorizzata all'ultima, a luglio, con un vestito estivo ed i sandali ed un po' di consapevolezza di me in più. Rivedo tutti i colloqui di gruppo, più simili a giochi di ruolo che a veri colloqui, con tutte le persone che ho incrociato, e poi, dopo tanti timori, dopo due mesi e mezzo che allora mi sono sembrati così lunghi, finalmente la svolta: il mio primo stage, seguito dal mio primo vero contratto, e poi ancora, dopo tante ricerche, il mio lavoro a Bologna.
Che anno il mio 2011! Iniziato da freschissima neo-laureata e terminato da lavoratrice con già due contratti firmati alle spalle! No, non posso certo lamentarmi, e se a livello personale, tutto è andato più o meno bene, per il 2012, oltre ad augurarmi che per me continui così, ho anche tanti piccoli e grandi progetti da portare avanti. Nel 2012 vorrei riuscire a coltivare maggiormente i miei interessi, vorrei avere più tempo da dedicare ai miei amici, vorrei fare più attività fisica, vorrei essere meno condizionata dal giudizio e dalle aspettative degli altri, vorrei essere più risoluta nelle mie decisioni, vorrei andare a Parigi e in Sicilia, vorrei migliorare il mio inglese, vorrei vedere tanti bei film, leggere tanti libri, rivedere i miei amici dell'erasmus, imparare a camminare sui tacchi a spillo...
E il 2011 del resto del mondo com'è stato? Da Fukushima alla crisi, dalle inondazioni in tutto il paese allo spread che sale, dalle dimissioni di Berlusconi al governo Monti, dal protagonismo del nostro grane Presidente della Repubblica Napolitano all'irresponsabilità e alla bassezza delle Lega, dalla cattura di Bin Laden a quella di Gheddafi, dagli indignados a Se non ora quando... 
Dopo un anno così, pieno di crisi, preoccupazione, tragedie e sconforto (ma con alcuni spiragli importanti), oltre ai miei piccoli desideri quotidiani, penso anche alla mia generazione e al mio paese, e spero che il 2012 possa essere un anno di svolta. E quindi oltre a sperare nella pace del mondo, a cui comunque è sempre opportuno pensare, vorrei vedere un 2012 all'insegna del lavoro, vorrei che i miei amici trovassero occupazioni e contratti degni del loro impegno, della loro formazione e delle loro ambizioni, e non più solo stage gratuiti, vorrei che gli italiani smettessero di fare i furbi ed iniziassero a sentire la responsabilità e il dovere di pagare tutti le tasse, vorrei che le donne avessero le stesse opportunità degli uomini, in tutti i settori, vorrei che si prendesse sul serio la sicurezza sul lavoro, vorrei che la si piantasse con la xenofobia, vorrei che ci fosse un sentimento di collettività e coesione, no, non di nazionalismo, semplicemente di unità. Forse vorrei tante, troppe cose, eppure nessuna di queste mi sembra impossibile. Forse però la cosa più bella che vorrei, e che spero di riuscire a fare anche io, è che le persone riescano a vivere la propria vita collettivamente, senza pensare sempre e solo al proprio piccolo orticello, ma che si interessino agli altri, senza essere egoisti ma cercando di lottare per il bene di tutti. 
E poi fra una settimana rinizierò a lavorare, dopo tutte queste ferie, di nuovo il solito tran tran, e abbandonerò tutti i pensieri, le riflessioni, le analisi filosofiche di questi giorni per passare all'azione, sperando di non abbandonare anche troppi buoni propositi! Ma dopo aver notato, grazie alla mia agenda, quanto scorre in fretta il tempo, non sono molto preoccupata...in fondo a luglio manca ormai pochissimo!