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giovedì 12 aprile 2012

Le donne, il fuorigioco e altri "mestieri proibiti"

Oggi parlo di calcio, di fuorigioco e di questo terribile luogo comune secondo il quale le donne non sarebbero in grado di capire questa basilare regola di gioco. Ma questo blog non doveva parlare di giovani e lavoro?? E invece da giovane donna mi faccio prendere sempre di più dal tema delle discriminazioni e dalla mancanza di parità, e inizio a credere che le disuguaglianze di genere passino anche dagli stereotipi, e quindi anche dal calcio. Sarà che oggi è giovedì sera e c'è il posticipo di Serie A, sarà che siamo in Italia e il calcio, si sa, conta parecchio, sarà che sono sempre più convinta che le discriminazioni verso le donne potranno essere sconfitte solo da un radicale cambiamento culturale, non so il motivo, ma io stasera scriverò di calcio!
Provate a digitare su google le parole donne e fuorigioco, i primi risultati (forse tutti, io ho smesso di guardarli ad un certo punto!) riguardano la presunta incapacità delle donne di capire il fuorigioco, con tutta una serie di gruppi facebook, presunte petizioni, video di improbabili lezioni. Ma perchè?? Uomini, un appello, le donne possono capire il fuorigioco, ve lo assicuro! Forse non tutte sono interessate al calcio, forse molte non si applicano, forse alcune fanno pure finta di non capirlo pur di solleticare il vostro ego, ma pensateci, perchè una donna dovrebbe non capire un concetto così poco complesso? Dovrebbe essere una questione ormonale? genetica? biologica?
Tante limitazioni alle donne sono cadute nel corso del '900, l'impossibilità di votare, di studiare, di essere autonome economicamente, di emanciparsi, di divorziare, tanti mestieri proibiti si sono pian piano aperti anche al gentil sesso, eppure gli stadi sembrano ancora conservare segreti per solo uomini. Ma per favore!
Nel 2012 ancora pensiamo che ci siano settori, lavori, mansioni o competenze più tipicamente maschili? Ormai abbiamo soldatesse ed architette, geometre ed avocatesse, operaie ed astronaute (e si anche arbitre e guardalinee!) - ed allo stesso tempo abbiamo anche infermieri, maestri d'asilo, assistenti sociali, dadi, educatori, parrucchieri e ballerini-.
Eppure gli stereotipi sono ancora tanti e soprattutto duri a morire. Ed al di là delle gag, delle barzellette e degli aneddoti simpatici, credo che gli stereotipi siano anche molto dannosi, da quello dell'italiano con il mandolino e la pizza (o peggio, con la lupara sottomano) fino a quello delle donne che non capiscono niente di calcio (o che non sanno guidare). Gli stereotipi sono infatti l'espressione delle credenze e della mentalità dominante di una società ed influenzano pesantemente chi nasce e cresce in quel contesto. Perchè una bambina media dovrebbe interessarsi al calcio se tutto il mondo le dice che tanto non capirà il fuorigioco?? Ma soprattutto, perchè una bambina dovrebbe potersi sentire libera di sognare di diventare vigile del fuoco o assessore o sindaco o presidente della Repubblica, quando neanche la lingua italiana prevede il femminile per queste parole? Vorrà pur dire qualcosa. Maestra si dice, assessora no (o perlomeno forse si inizia a dire...e c'è anche chi ha imposto con una delibera l'utilizzo dei femminili per i termini sindaco, assessore, presidente...). E quindi iniziamo tutti a pensare a cosa trasmettiamo con questi inutili stereotipi, ed iniziamo a uscire da questi schemi!

E intanto vi informo che ho iniziato ad andare allo stadio da bambina, ho avuto l'abbonamento in curva più di un anno, conosco ragazze che giocano a calcio e a calcetto, e mentre scrivevo questo post guardavo il Bologna vincere una partita ed ho pure individuato diversi fuorigioco!

martedì 3 aprile 2012

Workaholism e altri malanni

Workaholism è la sindrome da dipendenza dal lavoro, ovvero il comportamento patologico, un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo,  di una persona troppo dedita al lavoro e che pone in secondo piano la sua vita sociale e familiare sino a causare danni a se stessa, al coniuge, ai figli. 
Ogni tanto voi vi sentite così stakanovisti da sfociare nell'ossessione, nella malattia? Riuscite sempre a dare il giusto ordine di priorità a scadenze e impegni, nella vita lavorativa ma non solo? Quante volte avete rinunciato ad una serata piacevole per lavoro? Quante volte un'emergenza sul lavoro vi ha guastato un programma che pregustavate già da tempo??? (che poi, parliamone... quali sono le emergenze sul lavoro?una mia collega romana e romanesca diceva sempre.. emergenze, non siamo mica medici!)
Ogni tanto capita, così come ultimamente mi sta capitando di fare tardi in ufficio, di slavoricchiare di sera, di accendere il pc aziendale nel week end... il lavoro mi piace, mi sento responsabilizzata, e così un po' di extra time vien da sè! Mi sembra normale essere sempre a disposizione, far tardi la sera, mostrarmi sempre disponibile, come se fosse scontato che io debba lavorare anche da casa o in ferie... Tanto che ultimamente sono stata accusata di "essermi venduta al capitalismo...". Va bè, a parte le gag e le esagerazioni, ho iniziato a riflettere..
Perchè si finisce ad essere ossessionati dal lavoro? Perchè ci si riduce a mettere il lavoro prima di tutto? 
Per soldi (...lì c'è poco da riflettere -almeno per me, visto che non mi pagano gli straordinari!), per fare carriera, per senso del dovere, perchè non si sa dire di no? A volte è per materialismo, altre volte è per dimostrare le proprie capacità, o semplicemente perchè si prova piacere a fare il proprio lavoro.
Io non sono certamente un caso patologico, ma, ogni tanto, inizio a sentire quella soddisfazione interiore per il lavoro che sto facendo, che mi spinge a fare di più.. bello, una bella sensazione,un privilegio, anche se non vorrei farmi prendere dall'entusiasmo fino a finire dritta dritta nella dipendenza del 2000!
L'antidoto a questa dipendenza? Continuare ad essere attivi, avere milioni di impegni, far parte di ognii associazione vi si presenti di fronte, fare volontariato, partecipare ad assemblee, cineforum, incontri di lettura.
Lavorare tanto va bene. Mi sento disponibile e flessibile (almeno in questa fase della mia vita), fare tardi in ufficio quando proprio è necessario non mi spaventa, ma la cosa che temo di più è che la mia vita si trasformi solo ed esclusivamente nel mio lavoro.
No, questo non mi capiterà, c'è tutto un mondo ... fuori dal mio open space.