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mercoledì 11 maggio 2011

Il lavoro dei sogni


AAA CERCASI COLLABORATORI!


visto che vengo accusata di non essere più una neolaureata alla ricerca di un lavoro, mi sono impegnata per trovare voci nuove e fresche, e più neolaureate di me, che potessero scrivere qui con me su questo blog.
Ecco la prima, neolaureata, giovane e brillante, proprio come me, nome in codice Vale. Piena di speranza per il suo futuro o già disillusa?Questo lo vedremo, ma intanto benvenuta sul blog!




Nel libro “Alta Fedeltà”, lo scrittore Nick Hornby fa stilare al suo protagonista – un trentacinquenne che gestisce un fatiscente negozio di dischi nella Londra degli anni ’90- la top-five dei lavori da sogno, ovvero quei mestieri giudicati stupendi ed irrealizzabili.
Dato che anche io sono una feticista delle classifiche, mi sono subito messa d’impegno per compilare la mia personale wishlist immaginando quali occupazioni mi avrebbero fatta balzare giù dal letto la mattina, piena di entusiasmo per la vita. Al primo posto, ovviamente, ho inserito il mestiere di cooperante in qualche progetto di sviluppo. Ovviamente, il fatto di aver trascorso gli ultimi cinque anni della mia vita a studiare questo settore ha influenzato la mia scelta. Ma è stato davvero solo questo? E, domanda ancora più interessante, perché immagino la possibilità di trovare lavoro nell’ambito dei miei studi come un’ eventualità così remota, come un “sogno” per l’appunto? Insomma, non ho messo al primo posto della mia top-five “fare la giornalista di Rolling Stones alla fine degli anni ‘60”, questa sì che sarebbe stata un’utopia! Ho solo espresso la legittima voglia di realizzarmi in quello che sono preparata a fare, dopo anni di studio e di sacrifici. Certo, non mi aspetto che il lavoro della mia vita mi piova addosso dal cielo. Bisogna essere flessibili, dinamici, aggiornati; occorre conoscere le lingue, fare stages, andare all’estero. Proprio per questo motivo, mentre compilavo il questionario Almalaurea nella sezione dei “Sei disposto a trasferirti/avere contratti a tempo determinato/lavorare in un settore che non è quello della tua formazione/ ecc “ ho barrato sempre sì. La realtà è che io, Noi (inteso come i giovani neolaureati), siamo più o meno disposti a tutto, animati dalla convinzione che “se saremo bravi e ci daremo da fare qualcuno ci noterà e magari un giorno avremo il nostro SuperLavoro”. Mentre scorazzavo in giro, appena tre giorni dopo essermi laureata, per portare il curriculum ( e badate bene, non solo nelle ONG e nelle aziende ma anche nei supermercati per fare la cassiera) mi è successo però quello che non ti aspetteresti mai, la manganellata sui denti. Non uno, ma quasi tutti i “possibili” datori di lavoro, scorrendo le mie qualifiche mi hanno detto: “Ah, lei è laureata?Ha anche la specializzazione? Uhm, le do un consiglio: se vuole trovare lavoro magari lo ometta”. Cosa?! Cos’è che devo omettere? Dovrei cestinare cinque anni di studio e di sforzi? E adesso chi glielo dice ai miei genitori, tanto fieri della loro prima laureata in famiglia?
Da qui potrei partire con una riflessione sulle falle del sistema universitario, concepito come una fabbrica di laureati. Oppure potrei inveire contro il mercato del lavoro italiano, troppo antico per recepire le nuove figure professionali. E già che ci sono, gettarmi a capofitto nel tema evergreen della corruzione, dei concorsi taroccati dove vincono sempre gli amici di qualcuno. Potrei fare tutto questo ma non ne ho l’intenzione. Ho 24 anni, sono piena di energie e di entusiasmo per la vita. Sono produttiva, creativa, lucida ed intuitiva come forse non sarò mai più per tutto il resto della mia vita professionale. Se qualcuno lo noterà, bene. Altrimenti ci sarà la fuga verso quei paesi che ancora sanno investire sui giovani. E se alla fine non riuscirò a realizzarmi come vorrei, il lavoro del cooperante nel primo posto della mia top-five verrà sostituito da quello di giornalista musicale negli anni ’60. Perlomeno è sanamente utopico, perlomeno potrei immaginarmi come sarebbe stato intervistare i Doors!

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